Mi cimento per la prima volta sul blog in una recensione alquanto complessa, difficile da approcciare per me che sono alle prime armi nel mondo delle recensioni libresche. Ma Wolf Hall di Hilary Mantel è un testo che non può passare inosservato. Devo tenerne traccia in qualche modo, e non sarà l’unica volta che ne leggerete su queste pagine, visto che parliamo del primo volume di una trilogia.
La Mantel è una autrice inglese contemporanea e Wolf Hall, insieme ad Anna Bolena, una questione di famiglia, ha vinto il Booker Prize come miglior romanzo scritto in lingua inglese nel Regno Unito. Sono arrivata a questa lettura per puro caso, attirata dalla copertina del libro e dalle poche righe della trama lette al volo in libreria. Romanzo storico (o quasi), ambientazione inglese e volume con più di 500 pagine sono un mix al quale non riesco a resistere.
Ci troviamo nell’Inghilterra di Enrico VIII, uno dei periodi più complessi e decisivi della monarchia inglese, negli anni della scisma anglicano. L’autrice ci racconta questa storia quasi da dietro le quinte, con gli occhi di un protagonista secondario di questo periodo ma che ne ha tessuto le fila.
Thomas Cromwell viene dal nulla, da adolescente scappa via dalla violenza del padre dedicandosi ai mestieri più differenti nelle principali città europee. Tornato in Inghilterra entrerà a servizio del cardinale Wolsey ma in breve tempo riuscirà ad ottenere la fiducia di re, che si servirà di lui per riuscire a sposare Anna Bolena, ottenendo il divorzio da Caterina d’Aragona e riscrivendo la storia della Chiesa inglese.
Abilissimo negli affari, era venuto su dal niente scalando l’Inghilterra di Enrico VIII con due sole capacità, ma esercitate a livelli straordinari: la fermezza e la capacità di risolvere problemi. Aveva forse una sua deontologia professionale, uno spiccato senso dell’onore, e un’istintiva grandezza d’ animo: tuttavia il gioco del potere era piuttosto duro, ai tempi, e di tali virtù fece usa molto misurato e sapiente.
(Alessandro Baricco)
Ma il Cromwell che ci descrive la Mantel è quello più intimo. E’ una persona che cresce, che impara a conoscere se stesso e ad accettare il suo passato turbolento. L’uomo che attraverso l’analisi delle sue emozioni cerca di scoprire l’individuo che è, quello che vuole diventare, il posto che merita di avere nel mondo.
La storia inoltre è ricca di personaggi che entrano ed escono dalla scena. Ne leggiamo l’evoluzione e il declino pagina dopo pagina, in un susseguirsi di dialoghi, riflessioni, flashback, che non nego spesso mi hanno portato alla confusione. Spesso ho dovuto riguardare gli alberi genealogici dei Tudor e degli York e la descrizione dei diversi personaggi che si susseguono nella narrazione. E può capitare durante la lettura di trovarsi disorientati e perderne il filo della narrazione.
Ma le descrizioni dei luoghi, dei personaggi, dei dialoghi sono così dettagliate che “riusciamo a sentire l’odore acre della lana impregnata dalla pioggia e della terra sotto i piedi, il rilievo delle ossa sotto la pelle, il solco lasciato dai carri nel fango, il fruscio dei topi nei materassi”.
E qui entriamo nel merito della scritta della Mantel, talmente ricca di dettagli da essere amata o odiata, senza mezzi termini. Il suo stile è ironico ma puntuale. Riusciamo ad entrare nelle stanze della corte inglese o nella dimora di Cromwell e viverne le sensazioni, le contraddizioni, averne ogni volta un ritratto unico. Vi avviso però che la lettura non è scorrevole. Lo stesso racconto di Cromwell è scritto in terza persona e spesso i dialoghi mancano di virgolette, quindi non si riesce subito a comprendere il confine tra parlato e narrazione. Ma come sottolinea Baricco…
Non scrive neanche tanto semplice, e questa, per il lettore che ha pedalato molto, è di infinito sollievo perché lo porta a quel minimo di fatica che lo fa sentire rispettato. Potrei dire che addirittura ha uno stile, e non sbaglierei di molto. È una scrittrice, ecco, non solo una narratrice.
(Alessandro Baricco)
Ad ogni modo ci troviamo di fronte ad un romanzo intenso, che immerge il lettore in epoche, situazioni, paesaggi molto affascinanti e a volte cruenti.
Racconta uno spaccato della storia inglese senza avere la pretesa di un romanzo storico. E lo fa attraverso la voce e i pensieri di uno dei protagonisti di quell’epoca, che vengono descritti in maniera ancora più interessante di come la storia stessa avesse fatto.
La questione, riguardo alla storia, è: “Chi è che mi sta raccontando questo e perché vuole che io ci creda? Se qualcuno è stato sistematicamente demonizzato, ti devi chiedere perché, e se dietro non si nasconda un’altra storia”.
(Il mondo di Wolf Hall, Fazi Editore)
Conclusioni
Insomma, la storia può piacere e non piacere, dipende molto dal gusto personale. Io adoro la letteratura inglese o i romanzi ambientati in Inghilterra, e Wolf Hall è rientrato a pieno titolo nelle mie letture preferite. Un romanzo che mi ha incollato al testo pagina dopo pagina, nonostante le pagine siano più di 700.
Spero di avervi incuriosito lasciandovi questa recensione a caldo. L’ho scritta pochi giorni dopo la fine della lettura del romanzo proprio per ripercorrere insieme quello che la Mantel mi ha trasmesso.
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Buona lettura!
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